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Archeologia viticola reggiana

ARCHEOLOGIA VITICOLA REGGIANA.
di Laura Zini

La biodiversità delle specie agrarie, era ben nota un tempo, patrimonio e ricchezza da cui si attingeva a piene mani, per produrre vini e mettere in tavola sapori che fossero espressione di tutte le possibilità che la natura generosamente offriva.

Così infatti si ricorda che nella sola nostra provincia reggiana esistevano, nei singoli vigneti privati, sempre degli orti botanici rappresentanti di tutte le varietà presenti sul territorio, che fino al 1960 erano assai numerose.

Già il Bertozzi (1840), riporta la presenza nel reggiano di 110 vitigni diversi, dato confermato da Pizzi che nel 1891 analizza l’acidità e gli zuccheri di 113 varietà presentate all’Esposizione del Consorzio Agricolo.

Questa diversificazione così ampia era senz’altro dovuta, alla natura stessa dei Lambruschi, molto diffusi in questi areali, e ciò ne giustifica l’ampia variabilità genetica, in più contribuirono a crearla i diversi caratteri ambientali dei terreni, del clima, della geologia, della morfologia e pedologia (dalla pianura alla montagna alta 2000 m), nonchè transiti e dominazioni di popolazioni diverse, che a partire dai primi insediamenti in loco (citazioni romane di M.Porcio Catone II°sec a.C. e del basso medioevo 882 d.c.), hanno sempre avuto la vite come miglior compagna, stimolandone il variegato utilizzo.

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